Cassazione: responsabilità per infortunio di un lavoratore “improvvisatosi” manutentore

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Cassazione: responsabilità per infortunio di un lavoratore “improvvisatosi” manutentore

infortunio manutentore

La IV sez. penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 42092 del 06 ottobre 2016, si è occupata dell’individuazione della responsabilità o meno dei datori di lavoro nel caso di un comportamento abnorme tenuto da un lavoratore, “improvvisatosi “ manutentore, dipendente della propria azienda, infortunatosi sul posto di lavoro cadendo da una scala.

La Corte di Cassazione ritiene che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione commessa dai datori di lavoro, non esonera gli stessi dalle proprie responsabilità poiché il rapporto tra violazione e evento può essere escluso solo da un comportamento abnorme del lavoratore. E’ abnorme quel   comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si pone al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.

Non è abnorme il comportamento di un lavoratore che ha svolto le sue mansioni .

Il Fatto:

1. La Corte di Appello di Catania con sentenza in data 1.10.2015, sull’appello dell’imputato, confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva riconosciuto C.C. colpevole del reato di cui all’art.589 cod.pen., nonché di tre distinte contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro, in conseguenza della caduta da una scala a pioli del dipendente L.O. intento ad eseguire lavori di manutenzione in quota del macchinario “filo diamantato” e in conseguenza la aveva condannata alla pena di anni due di reclusione in relazione al delitto e a € 5000 di ammenda in relazione alle tre contravvenzioni. Condannava altresì l’imputata al risarcimento dei danni a favore delle parti civili costituite cui riconosceva somme a titolo provvisionale in ragione del grado di parentela nei confronti del de cuius.

2. A fondamento della propria decisione la corte territoriale rilevava che L.O., sebbene inserito nella ditta O. e C. s.r.l. di cui la imputata risultava legale rappresentante in qualità di autista, sulla base del materiale istruttorio acquisito al giudizio, risultava essere comandato a svolgere anche attività ausiliarie in altri settori, quale quelli della manutenzione delle macchine, come nella specifica ipotesi in cui il L.O. si era issato su una scala a pioli per operare all’altezza richiesta dello specifico macchinario alla cui manutenzione era intento. La circostanza che la manutenzione straordinaria della suddetta macchina fosse curata da una ditta esterna, come desumibile dai documenti fiscali prodotti dalla difesa dell’imputata, non era incompatibile con l’incarico assunto dal dipendente, la cui azione non era stata improvvisa ed arbitraria, essendo altresì emerso che i dipendenti non erano soliti assumere iniziative personali di esecuzione di incombenti non comandati.

3. Da tali circostanze derivava la responsabilità del titolare della ditta e datore di lavoro del L.O. sia in relazione alla omessa predisposizione degli accorgimenti tecnici di cui alle fattispecie contravvenzionali ascritte e in particolare di non avere predisposto un sistema di accesso in quota per la manutenzione del macchinario, nonché per non avere provveduto acchè la scala a pioli fosse saldamente ancorata e comunque fosse di altezza superiore al livello di accesso al macchinario, sia in relazione alla omessa formazione del dipendente sui rischi connessi alla effettuazione di lavori di meccanica e di manutenzione dei macchinari presenti in azienda.

4. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputata deducendo vizio di mancanza di motivazione e di violazione nella valutazione della prova, atteso che era emerso in dibattimento che giammai il L.O. aveva svolto interventi di manutenzione straordinaria ma semmai piccoli lavori di manutenzione ordinaria. Assumeva pertanto che la manutenzione del “filo diamantato” presentava caratteri di straordinarietà e di particolare delicatezza che giustificavano l’intervento di ditta specializzata, mentre vi erano elementi oggettivi per ritenere che il L.O. avesse assunto il compito di ingrassare la macchina, compito che mai avrebbe potuto impartire il datore di lavoro in quanto la macchina non aveva punti di lubrificazione. Ne derivava che il comportamento del dipendente era stato arbitrario e imprevedibile.

Con memoria depositata in data 4 Luglio 2016 si costituiva in giudizio la parte civile Inail che chiedeva il rigetto del ricorso.

Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione. Sotto il profilo causale, ha così proseguito la Sez. IV, è indubbio che il lavoratore era intento a svolgere un’attività di manutenzione di un impianto dell’azienda per la quale lavorava con mezzi assolutamente inadeguati per operare in quota e privo della necessaria formazione laddove, pur essendo inquadrato per le mansioni di autista, veniva sovente comandato ad eseguire interventi di manutenzione all’interno della azienda per cui  l’infortunio verificatosi ha costituito uno sviluppo del tutto adeguato e fondato su criteri probabilistici di elevata credibilità razionale.

In merito al comportamento del lavoratore ritenuto abnorme la suprema Corte ha evidenziato che “la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento-morte o -lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento” e ha concluso ribadendo che “è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, nel segmento di lavoro attribuitogli”.

L’imputata, ha infine evidenziato la Corte di Cassazione, non ha neppure fornito nelle motivazioni del ricorso una ricostruzione alternativa della vicenda, limitandosi ad affermare che la persona offesa, pur in mancanza di uno specifico incarico, si era posto in quota, facendo uso di mezzi dallo stesso recuperati, per lubrificare gli ingranaggi di un complesso e costoso macchinario (filo diamantato), che peraltro non necessitava affatto di un tale intervento, in quanto la manutenzione straordinaria era curata da ditta specializzata che operava in sicurezza con proprio personale, tra l’altro contraddicendosi in quanto ha finito per attribuire al lavoratore una iniziativa pericolosa, inutile e non comandata mentre d’altra parte ha sostenuto che il lavoratore era stato incaricato di oliare la macchina e quindi di svolgere un’attività di manutenzione compatibile con quella che ne aveva determinato la caduta e il tragico evento.

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